Capitolo 6



Lena aveva conosciuto Antonio tramite sua cugina Mariuccia, la quale aveva organizzato un'uscita in gelateria proprio con l'intento di farglielo conoscere. Non le era piaciuto subito. Alto, troppo magro, gli occhiali spessi, le occhiaie di chi dormiva poco o male, l'aria seria e malinconica. Parlava poco e si vedeva che era timido e impacciato. Avevano passeggiato per via Roma tutti e tre, in un caldo pomeriggio di luglio, con il gelato che si scioglieva ad ogni passo. Mariuccia cercava in tutti i modi di tenere viva la conversazione, consapevole del grande imbarazzo tra i due possibili futuri fidanzatini. Poneva domande. Raccontava all'uno dell'altro al posto loro. Alla fine si erano salutati con una debole stretta di mano ed era finita lì, o almeno così sembrava.
«Ma non ti piace proprio?» le aveva chiesto la cugina una volta rimaste sole.
Maddalena aveva alzato le spalle.
«E' un bravissimo ragazzo! Sta studiando per il concorso nelle ferrovie, te l'ho detto. Studia giorno e notte e lo passa di sicuro! Non ha vizi, non fuma nemmeno! Esce poco.»
«Sì, lo so, ma, non so cosa dirti, non mi ha colpito.»
Mariuccia aveva l'aria di una che aveva perso una grande occasione. Lena le cinse le spalle per stringerla a sé. «Sei stata carina a farmelo conoscere. Non devi preoccuparti per me, è vero che ho venticinque anni e sono ancora senza fidanzata, ma non sono ancora da buttare via!»
«Ma non dico mica questo, dai!» le sorrise. «Vabbene, vuol dire che ne troviamo un altro!»
«Troviamo?»
«E certo, io ti voglio troppo bene lo sai, voglio che tu sia felice!»
«Ma forse sono felice anche così no?»
«Da sola? Impossibile! Tutte vogliamo un fidanzato per poi sposarci. Non vorresti dei figli?»
«Sì, certo, ma se non è scritto nel mio destino per me andrebbe bene lo stesso.»
«Certo che sei strana, hahaha!»
Accadde poi che per caso due mesi dopo Lena, Mariuccia e Antonio si incrociassero una domenica pomeriggio in via Caracciolo dove tirava un vento dal mare, odoroso e caldo. Le onde si infrangevano vigorose sugli scogli che circondavano il Castel dell'Ovo. Il cielo si presentava con spennellature dal grigio al viola, mentre la pioggia era lontana. Sulla stradina a ciottoli che conduce al piccolo borgo dai ristoranti rinomati, una vecchia indovina sedeva al suo tavolino in attesa di leggere la mano a qualche passante.
«Che facciamo, ce la facciamo leggere?» ridacchiava Mariuccia.
«Hai soldi da buttare?» rispose Lena mentre si teneva il cappello per il forte vento.
«E ja, ci facciamo due risate, te la offro io!»
«Ma no, non è il caso...»
«E ja, comme sì pesante!1»
«E va bbuono!»
Dall'altra parte del ponticello, Antonio in compagnia di un suo amico, guardavano con ammirazione le due signorine nei loro tailleur color pastello e i loro tacchi con i quali abilmente sfidavano i solchi tra i ciottoli. Le gonne strette sottolineavano le curve generose di Mariuccia e la magrezza di Lena. Entrambe avevano fascino e femminilità, anche se molto diverse. Avevano il viso pulito privo di ogni maquillage e i capelli scuri, folti e ondulati, pettinati da madre natura. Gli occhi erano trasparenti, il sorriso di bambine mature. Avrebbero fatto la felicità di qualsiasi serio pretendente. I due amici stavano per avvicinarsi a loro, quando videro Mariuccia sedersi dinanzi alla chiromante. Si fermarono di scatto e rimasero a guardare la scena muta.
La chiromante aveva  le rughe come le buone vecchie befane, gli occhi di un azzurro intenso e la bocca grande, truccata di rosso. In testa portava un turbante turchese e bianco e dalle orecchie pendevano enormi orecchini di un metallo argentato. Avrebbe potuto avere qualsiasi età dopo i sessanta, perchè dopo quella soglia a nessuno interessa. Per il freddo indossava una mantella di lana pesante di colore marrone scuro, che il tempo aveva scolorito e riempito di nippoli. Si scorgeva nell’apertura avanti una maglia di vari colori, probabilmente lavorata ai ferri e una gonna lunga di quelle che ormai non si usavano più. Le scarpe erano nere e deformate dai piedi gonfi.
Con le mani scarne, le unghia laccate di un rosso intenso, la donna prese a mescolare i tarocchi. Lena e Mariuccia si erano fatte piccole su una sedia sola. Mariuccia teneva cinta l’amica per le spalle in modo da tenersi in equilibrio.
Intanto guardavano divertite le abili mani della chiromante che sistemavano le carte in tre file da sette. Le carte erano grosse e spesse, ingiallite dal tempo. Sopra le decorazioni di figure dal tempo incerto, dame, cavalieri, soli sorridenti e figure malvagie simili a satiri; angioletti, fiori, sciabole a completare gli arcani significati.
«Vediamo un po'» cominciò la donna con voce rauca. «E qui ci sono due bei giovanotti per voi, due bravi giovanotti.» Le due amiche ridacchiarono portandosi una mano a coprire la bocca.
«Saranno due bei fidanzamenti, molto lunghi.»
«E quanti figli avremo?» chiese Mariuccia.
«Voi signorina bella, tre! Due maschietti e una femminuccia!»
«E io?»
«Fatemi vedere un attimo...» la vecchia mescolò un mazzetto di una ventina di carte e ne capovolse cinque. Apparvero  due angioletti. «Due! Signurì, un maschietto e una femminuccia!»
«Evviva!» applaudì Lena soddisfatta. Era sempre stato il suo desiderio avere due figli.
«Avrete tutte e due due bei matrimoni felici! E siete due belle e brave ragazze, e per forza!»
sorrise la vecchia indovina mostrando un dente d'oro.
Mariuccia e Lena si ritennero soddisfatte. Avevano saputo ciò che volevano sentirsi dire, quindi aprirono i rispettivi borsellini in pelle e pagarono il dovuto.
Quando si voltarono riconobbero Antonio. Lena senza capire il perché, si sentì avvampare.  
Dopo i vari convenevoli decisero di andare a prendersi un caffé. Da quella domenica, Lena e Antonio divennero inseparabili. Un lento e paziente corteggiamento, la dichiarazione sotto il portone di lei alle prime ombre della sera, i genitori presentati, il fidanzamento ufficiale, gli anni prima di sposarsi, gli anni dopo il matrimonio.
A raccontarlo bastano poche righe, è il feroce inganno del tempo.

(tratto da: ''Oltre il Vesuvio'')





1Nel dialetto napoletano letteralmente: ''come sei pesante'' ovvero, come sei difficile o tendente al pessimismo.

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