Il senso della vita


Camminando per via Torino, nella zona pedonale di Chivasso, mi sono accorta di non conoscere nessuna delle persone che incrociavo e qui ci vivo da circa 16 anni. Non mi capita sempre, ovvio. Nel quartiere in cui vivo (e sorrido alla parola quartiere poiché io vengo da Napoli, precisamente dal quartiere san Lorenzo che nel 2002, anno in cui mi sono trasferita, era popolato da circa 52 mila persone, ovvero il doppio degli abitanti della sola Chivasso!), nel quartiere in cui vivo adesso, dicevo, conosco un po' tutti, ma quando vado al centro ho come la sensazione di essere un'estranea.
A Napoli non mi succedeva mai e non perché il Corso Garibaldi, via Foria, il Corso Umberto I, piazza Carlo III fossero casa mia. Eravamo più di 50mila, ovvio che non potessi conoscere tutti! Eppure dai tratti del viso, dal modo di parlare, dal modo di vestire, di camminare, di gesticolare, di ridere o sorridere, per me quelle erano categorie di persone, potevo indovinare aspetti della loro vita e del loro pensiero. Napoli è l'unica città che io conosca, e forse ce ne saranno altre dato che io ho viaggiato poco, in cui le persone usano la strada non solo per camminarci sopra, ma per viverla: parlano, si fermano a gruppi e parlano e parlano ad altavoce e tu senti quello che dicono, senti i fatti loro, indirettamente diventi parte della loro vita. Loro lo sanno e se ne fregano, sanno che sei un estraneo che quelle parole, i fatti loro anche intimi e dolorosi, da un orecchio ti entrano e dall'altro ti escono, tuttavia il senso di quelle stesse parole resterà murato in un angolo del tuo cervello, come una cellula simile a tante altre seppur diversa nella sua funzione. Quelle parole, quei fatti saranno parte della tua vita, che tu lo voglia o no. E' una condivisione immensa, una ricchezza. Per questo io odio chi non è napoletano e parla di Napoli. Napoli è un cuore autonomo. Napoli è l'umione perfetta degli opposti.
A Napoli puoi capire il senso della vita, anche se qualsiasi napoletano ti dirà che non esiste. Il non esistere del senso della vita è proprio il suo senso più vero. Camminando per via Torino a Chivasso, mi chiedo come sia accaduto che io donna focosa del sud, esplosiva, battagliera, ironica e iperattiva, sia finita nel freddo, distaccato, individualista, ripetitivo e conformista nord. E' accaduto, basta. Ho seguito un cammino, un percorso, il mio percorso, ho fatto delle scelte e sono arrivata in un mondo che per me resterà sempre estraneo e io estranea ad esso. Un mondo che ha dato un valore al tempo, mentre io resto convinta che il tempo sia un'invenzione per misurare il nulla.
Ma stiamo parlando della mia vita che non ha alcun senso. Io sono qui ora a scrivere ma potrei preparare una lasagna, andare a grigliare al lago, visto che oggi è il primo maggio, pregare in Chiesa, defecare in bagno, fare l'amore con il mio compagno (a proposito quanti fanno l'amore al primo maggio? Tutti a grigliare eh?), potrei anche dormire, restare in silenzio, appicare fuoco o rigare l'auto del mio ex amante, non cambierebbe nulla. Non cambierebbe il senso della mia vita.
Si potrebbe pensare che il non senso della mia vita sia legato al fatto che io non sia un politico, un economista, un banchiere, un integralista islamico, un premio nobel per la medicina. Ogni mio atto non smuove una foglia. Eppure c'è chi crede alla teoria della farlalla e dell'uragano, alla legge di attrazione, alla fisica e la chimica, o alle religioni laddove non sappiamo più che pesci pigliare. Teorie! Tutte vere, tutte senza senso perché ogni teorico e ogni lettore di teorie faranno tutti la stessa fine: un cumulo di cenere e ossa.
Allora se il senso della vita inizia e finisce nel suo discorso stesso, ovvero in un metasenso, forse più che parlare di senso della vita io preferirei parlare di valore della vita. Quindi potrei suggerire che a questo mondo qualcuno valga più di qualcun altro. Un politico che legifera ha potere, vale quindi più degli altri? Egli decide della vita di molti così come un giudice o un pazzo criminale o un dittatore.
Uno scienziato, al contrario, può salvare la vita con una scoperta in medicina. Ma anche il vigile del fuoco salva le vite e il missionario nei paesi poveri e il medico di guerra e cosa dire della maestra alla materna che aiuta i suoi bambini a crescere e a superare il distacco dalla mamma o dell'operaio che per otto ore al giorno impacchetta quei prodotti che noi compreremo al supermercato? Per non parlare degli infermieri che in questo momento, al primo di maggio, sono in servizio a occuparsi dei nostri cari in ospedale, o di noi stessi.
Qualcun altro magari in questo momento sta operando di urgenza o sta soccorrendo, o sta cercando una persona scomparsa. Chi tra tutti questi ha maggior valore in vita? Nessuno direi. Quindi la vita non è una questione di valore e torniamo al senso. E torniamo al punto di partenza.
Il senso della vita coincide con la sua durata. Morto un politico se ne farà un altro. Morta una maestra se ne farà un'altra. Morto un criminale se ne farà un altro.
Se la vita è un bilanciamento tra creazione e distruzione, il suo senso è nel suo stesso equilibrio. Ma trattasi di un equilibrio variabile e instabile che non pernette una definizione ultima o completa.
Il motivo del chiedersi il senso della vita non avrebbe senso se non nel fine involontario della nostra ragione, del nostro ragionare. L'intelletto umano nella sua evoluzione chiede una risposta. Se ci chiediamo il senso della vita allora da qualche parte una risposta dovrà pur esserci.
Credo che la singola vita, la vita di un singolo individuo non abbia senso. Se Gesù fosse stato l'unico essere al mondo, la sua vita non avrebbe avuto senso. Il suo senso è legato a quello degli altri esseri umani dalla sua nascita ad oggi. La vita di Martin Luther King non avrebbe avuto senso senza il problema della schiavitù e di tutte le vite dei neri d'America dal 1500 ad oggi. La vita di Marie Curie non avrebbe avuto senso senza tutte le persone che dalla sua scoperta ad oggi hanno usufruito dei raggi X per migliorare la loro esistenza.
Nel mio piccolo, la mia vita ha il suo senso solo se collegata a quella dei miei genitori e ora dei miei figli e in maniera meno forte, ma non per questo meno incisiva, a tutte quelle che ho incrociato dalla mia nascita. Il suo senso terminerà non dopo la mia morte, ma dopo che i miei figli moriranno e con essi svanirà il ricordo della mia persona. Shakespeare lo insegna nella parte finale dell'Amleto:

Se m’hai tenuto nel tuo cuore, Orazio,
tieniti ancor lontano, per un poco,
dalla gioia suprema del trapasso,
e seguita su questo duro mondo
a respirare ancora il tuo dolore
per raccontare ad altri la mia storia.”

Il senso della vita di un personaggio seppur fittizio come Amleto perdura ancora dopo secoli, perché resta nella memoria degli spettatori di questa meravigliosa tragedia.
Posso quindi serenamente affermare che l'arte in ogni sua manifestazione, fa si che il senso della vita risieda nell'eternità del suo ricordo.

Commenti

Post popolari in questo blog